INFORMAZIONI GENERALI
QUESTO E’ IL BLOG DI TELEFONO VIOLA, ASSOCIAZIONE DI VOLONTARIATO SENZA FINE DI LUCRO. IL SUO OPERATO SI BASA SULLE IDEE E SULLE PRATICHE DI GIORGIO ANTONUCCI E DI THOMAS SZASZ. NASCE A ROMA IL 22 OTTOBRE DEL 1991, FONDATA DA ALESSIO COPPOLA, ALLORA PRESIDENTE DEL CEU, CENTRO DI ECOLOGIA UMANA. SI DICHIARA PER LA SOLIDARIETÀ SOCIALE E CONTRO GLI ABUSI, LE COERCIZIONI E LE VIOLENZE DELLA PSICHIATRIA COMUNQUE E DOVUNQUE SI MANIFESTINO. LA SUA SEDE LEGALE E’ PRESSO IL CESV, IN VIA LIBERIANA 17 - 00185 ROMA. LA SUA SEDE OPERATIVA (PER INCONTRI E COLLOQUI CONCORDATI) E' IN VIALE MANZONI 55 (METRO MANZONI) PER GENTILE OSPITALITA DELLA FEDERAZIONE COBAS. CHI VUOLE CONSIGLI PER DIFENDERSI O DENUNCIARE ABUSI PSICHIATRICI PUÒ ANCHE TELEFONARE DAL LUNEDI’ AL VENERDI’ AL NUMERO 06. 59 60 66 30 (SEGRETERIA IN RIPRISTINO A PARTIRE DAL GIORNO 22 OTTOBRE ‘12, GIORNO DEL NOSTRO VENTUNESIMO ANNIVERSARIO). SI PUÒ AFFIDARE UN APPUNTO ALLA SEGRETERIA CON I PROPRI DATI, PER ESSERE RICHIAMATI APPENA POSSIBILE. COSA PUO’ FARE IL TELEFONO VIOLA? ATTUALMENTE POSSIAMO OFFRIRE UN ORIENTAMENTO SULLA QUESTIONE PSICHIATRICA, CHE CI DERIVA DALL’ESPERIENZA DEI NOSTRI CONSULENTI E COLLABORATORI, E CHE SERVE SOPRATTUTTO A PREVENIRE E CONTRASTARE IL PIU’ POSSIBILE I TRATTAMENTI SANITARI OBBLIGATORI (TSO). INFATTI, IL TSO E LE SUE FORME INDIRETTE SONO LE PRATICHE PSICHIATRICHE VINCOLANTI DOVE PIU' SI VERIFICANO GLI ABUSI DELLA PSICHIATRIA. GLI ASCOLTI TELEFONICI, I COLLOQUI E I CONSIGLI OFFERTI DALL’ASSOCIAZIONE SONO GRATUITI. (LA DIFESA LEGALE DA NOI EVENTUALMENTE CONSIGLIATA E’ A SPESE DELL’UTENTE). DOPO VENT’ANNI RESTIAMO UN’ ORGANIZZAZIONE CHE SI BASA SUL LAVORO VOLONTARIO E GRATUITO DI POCHI SOCI. PER ESSERE PIU' EFFICIENTI ABBIAMO BISOGNO DI AIUTO DAI NOSTRI UTENTI E SIMPATIZZANTI. PER SOTTOSCRIZIONI E DONAZIONI (UNICA FONTE DI SOSTEGNO) USARE IL CONTO CORRENTE POSTALE N° 6087021 INTESTATO A TELEFONO VIOLA. PER BONIFICI BANCARI USARE IL CODICE IBAN IT04 W076 0103 2000 0000 6087 021 (CIN W; ABI 07601; CAB 03200; N. CONTO 000006087021). SI POSSONO VERSARE SUL CONTO CORRENTE ANCHE PICCOLE SOMME DI /5/10 EURO, PER COPRIRE LE SPESE DI SEGRETERIA TELEFONICA (IN MEDIA LA SPESA PER NOI E’ DI 2 EURO PER OGNI CHIAMANTE CHE CHIEDE UN CONTATTO). IN CASO DI CRISI DI SOSTEGNO NON POSSIAMO GARANTIRE LE TELEFONATE SUI CELLULARI. IL BILANCIO DELL’ASSOCIAZIONE E’ PUBBLICATO SUL BLOG E SUL SITO. NOTA. INVITIAMO TUTTI GLI INTERESSATI A INTERLOQUIRE CON QUESTO BLOG E CON LA PAGINA FACEBOOK (TELEFONO VIOLA) CON SPIRITO SOLIDALE E COSTRUTTIVO. SI AVVISA CHE PER EVITARE PERICOLOSE CONFUSIONI, IL TELEFONO VIOLA NON RICONOSCE E DIFFIDA ALTRI ORGANISMI CHE USINO IL SUO NOME SENZA ADESIONE AL SUO STATUTO E FUORI DA ACCORDI E DELEGHE SPECIFICI. (Testo aggiornato al 25 novembre 2012)

lunedì 28 giugno 2010

INIZIATO IL PROCESSO MASTROGIOVANNI



INIZIATO IL PROCESSO MASTROGIOVANNI - PRESENTE IL TELEFONO VIOLA

Stamani, 28 GIUGNO 2010, c’è stata la prima udienza del processo Mastrogiovanni a Vallo della Lucania. Il Telefono Viola si è costituito parte civile. Così anche la Unasam (Associazione nazionale per la salute Mentale) , la ASL di Vallo della Lucania, la famiglia Mastrogiovanni, ed un’altra associazione, “Movimento Robin Hood”, rappresentata dagli Avvocati Senza Frontiere. L’Avvocato del Telefono Viola, Gioacchino Di Palma, ed il Presidente, Alessio Coppola, in accordo con i familiari e con l’Avvocata dei familiari di Mastrogiovanni, hanno presentato gli statuti e un dossier con molta documentazione che dimostra l’attività quasi ventennale del Telefono Viola a favore dei diritti dei cittadini contro gli abusi e le violenze psichiatriche.
Il processo è stato aggiornato al 30 novembre alle ore 11,30 per esaminare le varie richieste di costituzione e completare le notifiche ad alcuni avvocati degli operatori sanitari come responsabili delle pratiche restrittive che hanno portato alla morte Francesco Mastrogiovanni. Di Palma e Coppola sono stati intervistati da alcune TV locali, che invieranno appena possibile i link del video per il nostro blog. All’esterno del tribunale, Sabatino Catapano, responsabile della sezione di Sarno dell’Unione Sindacale Italiana USI- AIT, ha distribuito un volantino dal titolo: Psichiatria strumento di morte.
Proposta anche l’idea di costituire un gruppo di avvocati e volontari per la costituzione di un Telefono Viola nella regione sud campana. Presente all’udienza anche Maria D’Oronzo del Centro di Relazioni Umane e Telefono Viola di Bologna.
Una più completa comunicazione sul processo in corso a Vallo sarà data durante la prossima sesta conferenza sociale che si terrà presso la sede di Piazza Vittorio 31 in Roma giovedì 29 luglio alle ore 16, con il tema: “Dal Tribunale Foucault di Berlino al Tribunale di Vallo della Lucania: processo alla psichiatria della tortura psicofisica tramite TSO”.

LA SEGRETERIA DEL TELEFONO VIOLA

sabato 19 giugno 2010

LA PSICHIATRIA UCCIDE ..."QUINTA CONFERENZA"

Per associati al Telefono Viola ed amici vari

Martedì prossimo 22 giugno 2010 dalle ore 16 alle ore 18 si terrà presso la nostra sede in Piazza Vittorio 31 (c/o Sol.Co),

la quinta conferenza sociale mensile del Telefono Viola.

La riunione avrà come tema: "La Psichiatria uccide, come quando e perché".
Nella riunione sarà dato un aggiornamento sulle situazioni di alcuni pazienti o cittadini che hanno avuto o ancora hanno problemi di diritti violati con la psichiatria a Roma e nel Lazio.
Il Presidente Coppola e/o l'Avvocato Di Palma informeranno sulla proposta di costituzione di parte civile del Telefono Viola nel processo per la morte in TSO, nell'agosto del 2009, dell'insegnate Francesco Mastrogiovanni, che inizierà il 28 giugno prossimo a Vallo della Lucania.
Nella seconda parte della riunione saranno possibili colloqui o incontri di approfondimento in piccoli gruppi.
Vi ricordo che potete estendere questo invito ad altre persone, amiche, amici o conoscenti, pazienti, familiari e non, che rischiano di cadere in procedimenti psichiatrici vincolanti, e che vogliano costrastarli il più possibile.

Vi aspetto quindi in gran numero. Per svelare e neutralizzare le piccole e grandi malefatte della psichiatria persecutoria (quasi tutta, se non tutta!).

Vi abbraccio Alessio Coppola (Presidente Telefono Viola)

TELEFONO VIOLA, contro gli abusi e le violenze psichiatriche - http://telviolaroma.blogspot.com/ telviolaroma@yahoo.it
LUVIS - Libera Università del Volontariato e dell' Impresa Sociale - www.luvis.eu
Piazza Vittorio Em. 31 00185 Roma
Tel 06490821 ra. Fax 06491623 - martedì e giovedi pomeriggio

venerdì 4 giugno 2010

ATTI Conferenza - ANEPETA

Abstract dell'Intervento di LUIGI ANEPETA

Come scalzare il Potere della Psichiatria

Per avviare una diversa pratica di assistenza alle persone affette da disagio psichico, occorre scalzare il Potere psichiatrico, che è attualmente egemone.

Tale Potere si fonda: sul prestigio sociale mutuato dalla Medicina; su un’ideologia che offre una chiave falsa ma estremamente semplice di spiegazione dei fenomeni psicopatologici; sulla formazione degli Psichiatri, che si limita all’apprendimento del mantra del DSM e dei protocolli terapeutici; dalla sponsorizzazione delle industrie psicofarmaceutiche; e dal consenso sociale.

Il consenso sociale è dovuto: al bisogno collettivo di interpretare i fenomeni devianti in termini di logica lineare; al rapporto ambivalente e sacrale che gli esseri umani hanno con la mente; all’attribuzione infondata agli Psichiatri di competenze “sciamaniche” inerenti gli “abissi della mente; ad una crisi di civiltà socio-economica e culturale, che incrementa la produzione di disagio psichico e, al tempo stesso, induce una rinuncia collettiva a riflettere sulla condizione umana.

Il consenso sociale nei confronti della Psichiatria coinvolge anche massicciamente i soggetti disagiati e i loro familiari.

L’interiorizzazione del pregiudizio psichiatrico determina due diverse reazioni all’etichettamento e alle prescrizioni farmacologiche psichiatriche.

Gran parte dei pazienti, terrorizzati dall’esperienza della sofferenza psichica, sono di fatto conniventi e accettano il loro “destino” di soggetti costretti a “vivere con la malattia”.

Alcuni pazienti si ribellano, rifiutano le etichette nosografiche e le cure farmacologiche, ma, negando la loro sofferenza e spesso accusando gli altri di essere “pazzi”, confermano la diagnosi che comporta l’assenza della coscienza di malattia come sintomo patognomonico.

Cosa fare?

Occorre: primo, smantellare l’edificio ideologico della Psichiatria documentando la sua infondatezza scientifica; secondo, coinvolgere i pazienti in una presa di coscienza che offra loro strumenti interpretativi della loro condizione di ordine scientifico, tratti dalle scienze genetiche, neurobiologiche, psicodinamiche, microsistemiche, ecc.

Il futuro dell’antipsichiatria è vincolato alla diffusione di una verità “rivoluzionaria”, quella per cui la predisposizione al disagio psichico è identificabile, in larga misura, con un corredo costituzionale iperdotato e introverso.

Questa “verità” ha dato luogo alla fondazione della LIDI (Lega Italiana per la tutela dei Diritti degli Introversi: www.legaintroversi.it) il cui obiettivo è la prevenzione del disagio psichico.

ATTI Conferenza - MASSAFRA


LA VOCE SENZA RAGIONE… TRA SITO, GIORNALE E DOCUMENTARIO

di Mauro Massafra

Il motivo per il quale sono stato invitato a questo convegno è quello di parlare della, diciamo così, multimedialità del contesto antipsichiatrico; tale multimedialità appare soprattutto come un bisogno. Vediamo perché: la psichiatria è l’unica “medicina” ad aver bisogno di polizia, carabinieri, e vigili urbani per avere i propri utenti. Questo mi ha convinto che per poter rispondere all’offesa di quest’istituzione sarebbe stato necessario arrivare ad una buona organizzazione anche dall’altra parte, dalla nostra parte. Per questo motivo, dall’esperienza del documentario (che s’intitola “Senza Ragione”) nacque un sito (www.senzaragione.org), che non è il sito del documentario ma un sito di coordinamento tra le diverse realtà.
Tutto questo perché? Vi faccio un esempio concreto: una volta è arrivata all’indirizzo del sito un’email da Venezia, in cui una famiglia cercava aiuto per scongiurare un t.s.o. (trattamento sanitario obbligatorio). Loro non sapevano a chi rivolgersi per avere dei consigli; allora il sito ha funzionato da “collegamento”, in modo tale che qualcuno in quella zona intervenisse. Il sito ha funzionato in modo tale da creare quel contatto che altrimenti non ci sarebbe stato, in modo cioè da creare quella rete che ci permette di non sottostare agli organismi di cui stavamo parlando prima (polizia, psichiatria…) o quantomeno a non esservi sottoposti in silenzio, senza reagire.
Reagire perché, a conti fatti, la questione psichiatrica non va ridotta soltanto ad una dicotomia, ad una netta contrapposizione, tra “è scienza” e “non è scienza”; va bene, possiamo addurre anche questa come motivazione al nostro rifiuto verso la psichiatria, però dobbiamo far arrivare questi dibattiti anche al livello politico, perché la scelta psichiatrica, e quella antipsichiatrica, è una scelta soprattutto politica, una scelta che va contro l’annullamento di un pensiero, l’annullamento di un comportamento.
Se risaliamo alle origini della psichiatria potremmo infatti capacitarci che essa è nata come forma di disciplina di alcuni comportamenti che non erano illegali. C’erano dei comportamenti infatti che la legge non sanzionava, per esempio il libertinaggio; la legge non poteva essere così grezza da stroncare palesemente condotte di questo genere, ed allora delegava ad altri secondini il compito di modellare questi comportamenti; la differenza era che in quel caso i secondini non vestivano le uniformi poliziesche, ma quelle di psichiatri. Non è un caso che questi due organismi, quello poliziesco e quello psichiatrico, lavorano insieme: nel momento in cui un trattamento sanitario non è volontario ma obbligatorio, per renderlo coatto interviene la forza poliziesca. Ecco perché io dico che dobbiamo portare questo discorso da un livello solo scientifico a uno anche politico, perché è altrettanto importante.
Non è un caso che dal sito sia nato anche il giornale, “Il Folletto”.
Non esiste una vera e propria redazione del giornale, ed è questa la cosa veramente importante; non esiste un “centro” che dirige i testi redatti. Il giornale è composto da diverse realtà sparse nel territorio della penisola, ognuna delle quali si occupa di distribuire localmente le copie stampate. C’è una persona, magari di volta in volta diversa, che si occupa di dare una veste grafica al giornale, ma tutti gli articoli arrivano da punti diversi dell’Italia, da realtà diverse dell’Italia, e da impostazioni diverse di antipsichiatria. Dopo esser stato organizzato graficamente il giornale ritorna a queste realtà, che si occupano di stamparlo e distribuirlo localmente. Esistono miriadi di pubblicazioni sull’antipsichiatria; ciò che mi piace di questa in particolare è proprio l’assenza di una redazione centrale.

Domanda dalla sala: “Ma il giornale è scaricabile dal sito?”

Si, tutti i documenti presenti sul sito, ad eccezione dei video (per motivi solo tecnici), sono scaricabili liberamente, ed anche il giornale lo è, perché non protetto da alcun diritto d’autore. Anche questa scelta, quella di non sottoporre i file al copyright, fa parte delle stessa scelta per la quale rifiutiamo la pseudoscienza psichiatrica, un rifiuto dell’imposizione.
E torniamo così all’inizio del discorso che abbiamo intrapreso: l’importanza di riportare questo discorso, il discorso antipsichiatrico al suo valore politico, perché è una rivendicazione che possiamo fare, e che dobbiamo fare semplicemente perché ci è utile, e perché ci può permettere di abbracciare in questa lotta molte persone che altrimenti non vi parteciperebbero.
Grazie.

giovedì 3 giugno 2010

ATTI Conferenza D'ORONZO - SALUTO DI ANTONUCCI


Saluto di Giorgio Antonucci e presentazione del Centro di Relazioni Umane di Bologna di Maria D'Oronzo

Vi porto il saluto di Giorgio Antonucci che, come ha già riferito Alessio Coppola, non può essere presente per motivi di salute e leggerò un brano dal libro di Antonucci "Diario dal manicomio. Ricordi e pensieri" ed Spirali, pp. 64-67.
“Un piccolo sogno mi ha riempito di gioia e la luna sembrava una palla di fuoco".

Nella notte di guardia che restò con me, Luca Bramanti seguì con attenzione tutti gli avvenimenti e si interessò ai miei interventi.
Mi seguiva in silenzio nei passaggi veloci da una parte all'altra dell'istituto dopo ogni chiamata, e andavamo in automobile o a piedi secondo le distanze o l'urgenza.
Fui chiamato quasi nello stesso tempo per due uomini in pericolo di vita per crisi acute da infarto, e una terza volta per un uomo in gravi condizioni per emorragia cerebrale.
Dovevo provvedere alle cure immediate e all'eventuale ricovero nel vicino ospedale civile, però i reparti non erano attrezzati per il pronto soccorso e il personale non era preparato e spesso non era nemmeno capace.
Chiedevo le medicine indispensabili per ogni occasione e necessità e gli infermieri e le infermiere trafficavano negli armadietti e nei carrelli senza riuscire a trovarle.
Spesso telefonavano in altre sezioni per trovare altri infermieri più capaci e attrezzati.
Per fortuna avevo con me un pronto soccorso che mi ero procurato apposta per ogni possibile evento.
Solo gli psicofarmaci si trovavano dappertutto in abbondanza.
Durante gli interventi mi venivano annunciati per telefono nuovi internamenti in arrivo.
Dovevo riflettere sul modo di revocarli e intanto dovevo preparare gli argomenti per convincere il giorno dopo il direttore.
Come ho già detto, solo dopo la nuova legge del maggio 1978 avrei potuto annullare i ricoveri coatti per conto mio come medico di guardia senza bisogno di ricorrere ad alcuna autorizzazione gerarchica.
All'arrivo dell'ambulanza dovevo discutere con la persona interessata e con la polizia e a volte predisporre la permanenza provvisoria fino al giorno successivo.
Alcuni infermieri insistevano senza risultato perchè io controfirmassi alcuni provvedimenti di contenzione fisica che i medici del giorno avevano lasciato in sospeso per l'attività notturna del medico di guardia.
All'inizio gli infermieri non riuscivano a capire come era possibile che io fossi contrario a qualunque tipo di contenzione e a qualsiasi intervento di limitazione delle libertà.
Altri volevano che io sottoponessi i pazienti a iniezioni endovenose di psicofarmaci segnate in cartella dagli altri medici. Spiegavo al personale che le iniezioni endovenose di psicofarmaci erano dannose e a volte potevano mettere il paziente in pericolo di vita.
Perfino Cotti, che si dichiarava contrario agli psicofarmaci, mi aveva invitato a fare le iniezioni se erano prescritte dagli altri.
Il giorno dopo dovevo discutere con gli altri medici che mi accusavano di sabotare le loro terapie.
Io non avevo nessuna intenzione di danneggiare i ricoverati per compiacere i colleghi o per seguire le regole dell'istituzione.
Cotti si preoccupava di mediare con gli altri medici che volevano che io mi adattassi, ma in quella situazione le mediazioni non servivano a nulla se non a favorire la quiete.
Però aveva anche intrighi e interessi in comune con gli amministratori dell'ospedale e con i politici dei partiti, che erano contrari a qualsiasi cambiamento e a tutte le novità, come succede nelle burocrazie di potere.
Lo stesso era accaduto negli anni precedenti, quando lavoravo a Reggio Emilia, e Giovanni Jervis mi aveva detto che secondo lui era inutile che io evitassi i ricoveri in manicomio delle persone dei centri della montagna che dipendevano da me, quando poi succedeva che gli altri medici, quando io ero assente, prendevano decisioni differenti.
Ricordo che una volta a Castelnuovo nei Monti passai la notte con un uomo ubriaco, per evitargli il ricovero che era già stato deciso e prescritto.
Ho sempre lavorato con rivoluzionari molto rispettosi delle autorità.
A Reggio Emilia, per la mia chiara indipendenza e per il mio rapporto diretto con la popolazione, prima di essere licenziato e allontanato, fui accusato di essere uno spontaneista, seguace di Rosa Luxemburg.
All'alba di quella lunga notte ebbi una discussione molto difficile con una persona del reparto quattordici che, influenzata dai discorsi del personale e dalle pressioni dei medici, pretendeva di essere di nuovo legata nel letto per sentirsi tranquilla e per riuscire a addormentarsi.
Dopo quella esperienza notturna così avventurosa, Luca Bramanti non venne più a Imola per diversi mesi, e il suo lavoro rimase incompiuto per moltissimo tempo.
Poi mi ha raccontato che si era spaventato assai.
Io stesso ho sempre vissuto le notti di guardia all'istituto con forti preoccupazioni e con molta fatica.
In quelle notti si concentravano tutte le contraddizioni”.
………………………………..
Due parole sulla mia attività che svolgo a Bologna nel Centro di Relazioni Umane, di cui sono fondatrice e coordinatrice.
Mi occupo delle vicende, abusi e pratiche della psichiatria, dal 1993. Da quando per un lavoro con l'Università di Padova, dove studiavo psicologia, ho cercato e trovato, dopo vari tentativi, un reparto-aperto, il reparto Autogestito di Imola all'ospedale psichiatrico Lolli, diretto dal dottor Giorgio Antonucci. Sono rimasta a fianco del dottor Antonucci, nel reparto, fino alla fine del suo lavoro istituzionale. Il dottor Antonucci lascia Imola nel 1996.
La prima cosa che mi è stata chiara, in questa esperienza, era il fatto che dovevo buttare alle ortiche tutto quello che all'università mi avevano insegnato, tutto quello che avevo studiato. Dovevo ricominciare completamente daccapo.
Iniziando dal linguaggio. Iniziando a parlare di dolore personale, di sofferenza interiore e non più e mai di malattia mentale; di modalità di linguaggi differenti e mai più di terapia; di contrasti e contraddizioni personali e sociali, di conflitti sociali e mai più di deliri. Dovevo abbandonare il linguaggio pseudoscientifico che altro non è che il linguaggio del potere; esso serve ad allontanare i familiari e il contesto umano dall'assistito che diventa "oggetto" dell'istituzione di segregazione e isolamento.
Durante l'esperienza all'Autogestito di Giorgio Antonucci ho imparato a dare sostegno a quelle persone che volontariamente vogliono smettere gli psicofarmaci. E' interessante la lingua inglese che usa il termine "psichiatric drugs": perchè questo sono a livello tossicologico. Queste sostanze hanno un'azione sul nostro cervello uguale a qualsiasi altra sostanza "di strada" alle droghe illegali...
Domanda: Si sbaglia, non può dire che gli psicofarmaci sono droghe..
Risposta: E' corretto: a livello tossicologico...
Domanda: Mio figlio con la terapia sta calmo, quando smette i farmaci ha la ricaduta.
Risposta: Voglio essere precisa. Io non tolgo gli psicofarmaci. Ma posso dare sostegno a chi volontariamente vuole sospenderli. Inoltre non ci sono "ricadute" perché, come dicevo prima, non c'è alcuna malattia. Allora, spiego cosa succede. Lo psicofarmaco serve per sedare, per legare come una camicia di forza chimica il nostro cervello, parlo dell'organo. Quando allentiamo questa presa, per la disintossicazione, tutti i nostri pensieri ritornano in modo chiaro. Gli stessi pensieri che avevamo prima dell'assunzione degli psicofarmaci e che forse, ma non è sicuro, solo la lobotomia ci fa perdere.
Lo psicofarmaco non è selettivo, non toglie alcuni pensieri per lasciarne degli altri, lo psicofarmaco seda l'organo cervello: questo significa che il pensiero con l'assunzione dello psicofarmaco trova una barriera "per farsi pensiero". Con la disintossicazione questa barriera diventa sempre più labile per cui i pensieri e quindi le conseguenze delle riflessioni, contraddizioni che hanno portato 10-20-40 anni prima a chiedere aiuto ad uno specialista per trovare una modalità di vita non conflittuale tra noi e il mondo ritornano prepotentemente alla coscienza, per cui siamo ancora più disperati. Non solo lo psicofarmaco non cura, ma una volta che il cervello si è liberato, e i tossicologi vorranno scusarmi se uso termini così banali, di tutta la chimica, siamo attraversati dagli stessi conflitti per cui avevamo chiesto aiuto la prima volta.
Per quanto riguarda l'emozione le cose sono ancora più complicate perché per effetto della chimica si perde il contatto, la familiarità con l'emozione. Quindi una volta usciti dall'intossicazione chimica, farmacologica dello psicofarmaco ci si ritrova ad avere a che fare con emozioni e sentimenti che non ri-conosciamo. A cui non sappiamo dare un nome. Tutta la sfumatura della tavolozza emotiva ci è sconosciuta. E' come avvertire dentro di noi un vulcano di emozioni. Torniamo esseri senzienti.
Quindi questo "ritorno", a cui si riferisce la signora nella sua domanda è bibliografia e letteratura scientifica.
Dopo il primo periodo di disintossicazione, un periodo di durata differente da persona a persona, ognuno a seconda del proprio organismo, abbiamo di nuovo gli stessi pensieri e conflitti che il nostro psichiatra voleva sedare, cambiare e quindi ci ritroviamo nello stesso conflitto per cui avevamo chiesto aiuto nel passato.
Io mi occupo di queste cose. Di dare informazioni e dare sostegno per superare queste situazioni passeggere, per ritornare ad essere "padroni" della propria vita.
Per quanto riguarda il Centro di Relazioni Umane di Bologna abbiamo un sito (www.antipsichiatria-bologna.net).
Nella pagina dei Contatti del sito, si trova un numero di telefono oltre alla mail.
Il servizio telefonico è aperto 24h, per dare informazione gratuita di difesa (anti)psichiatrica, cioè informazione legale sui trattamenti sanitari obbligatori e informazioni sugli psicofarmaci. Ad es. molto spesso ricoveri volontari vengono trattati come obbligatori.
Il Centro di Relazioni Umane di Bologna nasce dall'idea di Edelweiss Cotti di trasformare il 1° reparto psichiatrico al mondo, presente nell'ospedale civile di Cividale del Friuli, in Centro di Relazioni Umane. Il nostro obiettivo è un cambiamento della cultura per tutte le famiglie, per tutti i cittadini, per tutte le persone che si trovano in una situazione di sofferenza interiore o di conflitto relazionale-familiare-condominiale ovvero sociale e voler trovare delle soluzioni altre rispetto all'isolamento, alla coercizione, all'allontanamento psichiatrico; di voler ascoltare le ragioni di tutti per trovare un accordo tra tutti per una convivenza di reciproco rispetto. Grazie

Maria D'Oronzo

martedì 1 giugno 2010

IL LINK PER SENTIRE LA CONFERENZA IN AUDIO

Di seguito, riportiamo il link per ascoltare l'audio della Conferenza Pubblica del Telefono Viola tenutasi il 27 maggio 2010.
Dal link si accede ad una pagina ove c'è un video contenente l'audio della Conferenza e delle immagini.
Essendo il file molto grande, occorre aspettare un po' affinché si carichi tutto il video, ma ne vale la pena, sia aspettare che ascoltare.

Link per ascoltare la Conferenza in audio

- Programma e temi della Conferenza Pubblica del Telefono Viola svoltasi il 27 maggio 2010

- Atti della Conferenza

RISPOSTA ALLE CRITICHE DI BUCALO

Risposta alle osservazioni di Bucalo

Ringrazio Giuseppe Bucalo per le critiche portate alla mia relazione introduttiva alla Conferenza Pubblica del Telefono Viola. Devo dire però che le osservazioni fatte mi pare vadano al di là delle cose che ho scritto, al di là delle cose che ho detto a braccio (e che lui non ha avuto modo di ascoltare) ed al di là delle cose che il Telefono Viola (quello originario e quello di Roma) ha fatto e sta facendo. Mi sembra che Giuseppe, pur di sparare, abbia bisogno di avere quaglie immaginarie, nascoste dietro qualche infido cespuglio.
L’approccio ispiratore del Telefono Viola, concordato tra me ed Antonucci, resta quello non-psichiatrico (antipsichiatrico ci faceva ricadere appunto nelle contraddizioni dell’antipsichiatria inglese).
Per statuto il Telefono Viola infatti non propone alcuna “terapia”. E questo sarà ancora lo statuto a venire. Ma resta come sua attività quella di poter svolgere “incontri e seminari di carattere giuridico e culturale”. Aggiungeremo forse anche a carattere “sociale e di mutuo aiuto”. Queste però sono attività seminariali e formative che niente hanno a che fare con l’intervento legale e di contestazione in genere del TSO che il Telefono Viola ha ripreso a fare.
Che male c’è se in una conferenza (o seminario come dice lo statuto) di riapertura al pubblico del Telefono Viola si chiamino a conversare e contribuire culturalmente all’approccio non psichiatrico, anche culture non direttamente legate né al movimento anarchico né ai comitati antipsichiatrici, né ai comitati autonomi antipsichiatrici? Culture che non sono sbandierate o proposte (almeno da noi) come “terapie” alternative ma come arricchimento teorico e pratico contro lo schematismo psichiatrico (ed ora aggiungo, contro lo schematismo antipsichiatrico). Ancora ritengo quindi che per fare Telefono Viola, cioè difesa dei diritti dei pazienti psichiatrici (e dei cittadini a non esserlo), prevenendo e contrastando il TSO in tutte le sue forme, come ho ribadito in Conferenza, non ci voglia un’adesione ad alcuna alternativa terapeutica né ad alcun movimento politico dal basso o dall’alto che sia.
Spesso si è visto che senza il ricorso ad un altro medico ed a disponibilità a cure alternative come da Legge 833, non si può contrastare il TSO ed in questo senso si accetta il ricorso ad alternative non perché le si creda terapeutiche ma perché le si crede utili e necessarie in quel caso ad evitare il TSO, e se non ci riusciamo, almeno a ridurlo e contrastarlo il più possibile, facendo anche mediazioni positive con la psichiatria.
Quindi non solo non propongo alcuna gerarchia tra approcci cosiddetti terapeutici come necessari all’azione del Telefono Viola, ma neppure propongo necessaria per la natura e la diffusione del Telefono Viola una sua supposta ispirazione anarchica e dal basso (che significa oggi dal basso? Gli strutturati “compagni anarchici” sarebbero il basso?). Ho sempre detto a Roma come in altri posti ed ancora ripeto che confondere il mandato sociale del Telefono Viola con un gruppo di antagonisti politici è, secondo me, un grave errore … politico-ideologico.
Ho sentito dire ad esempio da qualche esponente di qualche Telefono Viola spontaneo, che “se non si contesta il capitalismo alle radici, è inutile fare Telefono Viola”. Bene, io mi sento radicalmente opposto a questo stato presente di cose, ma penso che questo sia un principio ispiratore della mia vita, che non metto a base di un intervento di servizio di massa come deve essere una linea di difesa di diritti umani come il Telefono Viola.
Alla fine, per evitare sterili contrapposizioni, che vedo si ripetono dopo 15 anni, e per le quali ho perso il gusto, ritengo sia importante agire nel concreto delle situazioni, creando una convergenza di approcci e di strumenti legali, culturali e sociali, contro il TSO, aggregando le persone al di fuori degli schemi politici ed ideologici. Questo ha sempre fatto il Telefono Viola, lo ha scritto nel suo statuto, e cercherà di farlo il più possibile.
Alessio Coppola (Telefono Viola Roma)